01 aprile 2024

Come noto la prevalenza del diabete in Italia è stimata attorno all’8% della popolazione. La malattia è presente con una grande variazione nelle diverse classi di età: circa 2-3% nei soggetti con meno di sessant’anni fino a più del 20% nei soggetti anziani. Circa il 90% di questi sono adulti con diabete di tipo 2, un altro 6% circa presenta diabete di tipo 1 mentre gli altri hanno diabete gestazionale, diabete secondario ad altre patologie, ed altre forme rare. Molti dati internazionali sottolineano l’importanza della strutturazione del percorso di cura, noto da noi come percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PTDA), nonché la qualità dell’assistenza per garantire la miglior prognosi ai pazienti.
Il percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PTDA) in Italia.
Il PTDA è stato regimentato da un decreto ministeriale del 12 marzo 2019 che chiariva il nuovo sistema di garanzia. Il percorso è stato definito sulla base delle linee guida disponibili in letteratura ed approvato da esperti del gruppo di lavoro del Ministero della Salute. In base ad esso il paziente entra nel percorso in seguito alla prima diagnosi di diabete. Gli eventi iniziali di ingresso nel percorso sono: la rilevazione del primo contatto del paziente con il Servizio Sanitario Nazionale per la prescrizione di farmaci ipoglicemizzanti, il ricovero ospedaliero per complicanze del diabete, e l’esenzione per patologia diabetica. In seguito il paziente deve sottoporsi periodicamente ai seguenti cinque controlli: misurazione dell’emoglobina glicata almeno due volte all’anno, controllo della microalbumunuria (sic), della creatinina sierica, del profilo lipidico e del rischio cardiovascolare, esame della retina almeno una volta all’anno. L’aderenza a questi controlli è considerata nel calcolo degli indicatori di processo.
Indicatori deludenti.
I risultati della sperimentazione degli anni 2015-2017, resi pubblici da parte della Direzione Generale della programmazione sanitaria, sono per diversi fronti non soddisfacenti. Ad esempio, per l’indicatore “percentuale di pazienti diabetici con controllo dell’emoglobina glicata almeno due volte all’anno dopo la diagnosi”, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Basilicata hanno valori inferiori o uguali al 33%, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lazio, Sicilia, e provincia autonoma di Trento valori compresi tra 33 e 40% mentre Lombardia, Veneto, Toscana, Umbria, e province autonome di Bolzano hanno valori compresi tra il 40 e il 47% ed infine Piemonte, Valle d’Aosta Emilia-Romagna, Marche e Sardegna valori superiori al 47% . Gli indicatori sono più deludenti ancora nel confronto dei dati sul controllo della microalbuminuria almeno una volta all’anno dopo la diagnosi ed un po’ meglio per quanto riguarda gli indicatori dei pazienti che valutano il filtrato glomerulare attraverso la creatinina oppure nei dati che riguardano la clearance della creatinina.
Ma ciò che mi lascia assai perplesso è che varie Regioni ed Aziende Sanitarie hanno prodotto una serie di PTDA, sempre per il diabete mellito di tipo 2, che sono diversi nella struttura, nei destinatari ed anche nelle attività per la prevenzione primaria e secondaria. A ciò si aggiunga che i professionisti di laboratorio purtroppo non appaiono tra i destinatari di questi documenti, a meno che mi sia sfuggito qualcosa. Eppure sappiamo tutti che importanza hanno gli esami di laboratorio nel percorso diagnostico e nella sorveglianza. Ci auspichiamo pertanto di poter riprendere più avanti questo argomento sulla base di documenti più omogenei e condivisi.
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