01 luglio 2024
Spesso mi si
chiede se l’emoglobina glicata continuerà avere nella pratica diabetologica il
ruolo importantissimo per la valutazione del compenso glicemico. Questo
riconoscimento le è stato attribuito ufficialmente per la prima volta dopo il
famoso studio del DCCT, pubblicato nel lontano 1993. La domanda deriva dal
fatto che sempre più sono disponibili altri parametri per la valutazione del
controllo glicemico, come per esempio l’albumina glicata, recentemente
introdotta, ma anche soprattutto dopo che i glucometri in continuo (CGM)
permettono una acquisizione di una notevole mole di dati in un paio di giorni. Proprio
per la interpretazione dei risultati di questi tipi di glucometri sono in corso
di definizione, a livello della IFCC, metriche dedicate e la valutazione del
sistema di riferimento al quale devono essere collegati. Di fatto, il tempo nel
quale il soggetto sta nei valori para-fisiologici della glicemia (alias
Time-in-Range, abbreviato sempre come TIR), generalmente tra 70 e 180 mg/dL, e
definito in forma percentuale, viene attualmente utilizzato per guidare le
scelte terapeutiche.
TIR misurato dai glucometri in continuo.
TIR misurato dai glucometri in continuo.
Un recente lavoro pubblicato da Lachin e collaboratori sulla prestigiosa rivista Diabetes Care in ottobre del 2022 affronta questo argomento, anche se prende in esame ancora una volta i dati dello studio DCCT, facendone una nuova analisi. Gli autori si rifanno in maniera critica ad un precedente lavoro di Beck et al, nel quale sono stati usati i profili della glicemia a sette punti giornalieri, prima e dopo i pasti, e prima di andare a dormire, ottenuti appunto nello studio sopra-citato e misurati in un laboratorio centralizzato. Da questi profili Beck e coll. hanno calcolato un TIR stimato (chiamato eTIR) e ne hanno concluso che il TIR misurato dai glucometri in continuo possa essere un accettabile end point per i trials clinici.
Lachin e collaboratori sostengono invece che questo TIR stimato non è una misura perfetta della glicemia media, anche se nello studio DCCT sembrava essere correlato molto bene con la emoglobina glicata che a sua volta era associata fortemente con lo sviluppo delle complicanze microvascolari. L’analisi statistica effettuata nuovamente nello studio di ottobre ha poi chiaramente dimostrato che questo TIR stimato era associato solamente in maniera marginale con la retinopatia nella coorte completa, e che invece era l’HbA1c il parametro significativamente associato con gli esiti (outcomes).
TIR stimato e HbA1c media.
Da queste riflessioni risulta che l’associazione dello eTIR con le complicanze è in grande parte spiegato dal fatto che il TIR stimato, come anche quello che si può ora misurare, altro non riflette che l’HbA1c media, e che sia quest’ultima l’outcome da preferire negli studi clinici, almeno per quanto riguarda lo sviluppo delle complicanze microvascolari nei diabetici di tipo 1 (quelli cioè studiati nello studio DCCT).
La mia osservazione personale è che, se è vero che il ruolo del controllo glicemico è importante per lo sviluppo delle complicanze microvascolari anche nei diabetici di tipo 2, come a suo tempo provato dallo studio UKPDS, in questo caso il TIR riflette il valore del compenso glicemico valutato mediante la misura della emoglobina glicata.
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