01 giugno 2022

Diabetologia

Prof. Andrea Mosca


Tutti sanno che i costi del sistema sanitario crescono in maniera esponenziale in allineamento con il fatto che l’età media della popolazione aumenta e che c’è una insistente richiesta di fornire qualità nei servizi. È ovvio infatti che test diagnostici di bassa qualità possono comportare conseguenze gravi. Da un lato contiamo persone che rischiano di non godere dei benefici o dei trattamenti necessari perché i loro risultati sono falsi negativi, dall’altro persone che devono sottoporsi ad ulteriori esami o trattamenti perché i loro risultati sono in realtà dei falsi positivi. 

Le specifiche di performance analitica per i misurandi servono quindi a descrivere i minimi requisiti di qualità analitica dei rispettivi test di laboratorio cercando di contenere l’errore sistematico, altrimenti noto come bias/inesattezza, e gli errori casuali, che impattano sulla precisione del metodo. In una ben nota conferenza tenutasi a Milano nel 2015 si è convenuto che vige una gerarchia per definire le specifiche di qualità analitica sulla base delle evidenze. Il più alto livello di evidenza si correla agli esiti sullo stato di salute, quindi si può applicare la teoria della variabilità biologica, ed infine, qualora non si possa applicare nessuno dei due primi modelli, fare riferimento allo stato dell’arte.

L’argomento interessa certamente anche la misura dell’emoglobina glicata, ed è stato trattato come esempio od esercizio, se vogliamo, in una rassegna recentemente pubblicata (Loh et al, Clin. Chim. Acta 2021;523:407-414). Diciamo subito che la definizione a priori delle specifiche di qualità analitiche per l’HbA1c rimane un problema. Si possono infatti usare vari approcci, che includono sia possibili outcome clinici, che opinioni degli esperti, simulazioni, valutazioni economiche, e stato dell’arte delle metodiche analitiche. Insomma sono stati studiati tutti i possibili criteri scientifici e le conclusioni ed i risultati ottenuti non sono molto confortanti. Se prendiamo come esempio solamente l’imprecisione, stimata in termini di coefficiente di variazione analitici (CVa), si possono avere valori che, a seconda del modello utilizzato, possono andare da un valore minimo di 0,3% ad un valore massimo del 5%. Le specifiche di qualità analitica declinate per le valutazioni esterne di qualità oscillano parimenti da un valore di errore totale del 5% fino al 10%. 

E dunque cosa consigliare? Tutti concordano che le specifiche di qualità analitiche basate sulla variabilità biologica in soggetti sani siano troppo stringenti per la maggior parte dei metodi che misurano l’HbA1c. Sull’altro verso i criteri impiegati nei programmi di valutazione esterna di qualità sono stati progressivamente ristretti nel corso degli anni, con il risultato che la qualità analitica è significativamente migliorata.

La mia opinione personale, considerando che molto difficilmente il professionista di laboratorio sa l’uso che verrà fatto del dato di laboratorio, è di usare criteri molto stringenti, puntando ad un coefficiente di variazione analitica pari all’1% e ad un errore totale accettabile massimo pari al 3,5%.