03 dicembre 2021

Diabetologia

Prof. Andrea Mosca


Il problema della interferenza delle varianti emoglobiniche nella misura dell’emoglobina glicata è dibattuto fin da quando sono stati sviluppati i primi metodi per la HbA1c .

Fondamentalmente ci sono due tipi di interferenze che bisogna prendere in considerazione: l’interferenza analitica, ossia nella fase di misura, e l’interferenza pre-analitica in vivo.

Per quanto riguarda l’interferenza analitica l’effetto si può manifestare in maniera diversa a seconda della variante riscontrata e della metodica che si utilizza.

Per le principali varianti riscontrate nel nostro paese (HbS, C, D, E) il dato di HbA1c può essere refertato, in accordo alle linee guida, se la variante è presente in eterozigosi e non interferisce con il metodo in uso. L’identificazione della variante è pertanto centrale nel processo di refertazione soprattutto perché viviamo in una nazione nella quale le varianti emoglobiniche si possono manifestare con una certa frequenza (dalle statistiche ISTAT del 2020 apprendiamo che solo nel Nord Italia più di un neonato su cinque ha entrambi i genitori stranieri e nella maggior parte dei casi provenienti da aree ad alta prevalenza di difetti globinici). Il mio consiglio è pertanto quello di utilizzare metodiche di tipo separativo (HPLC a scambio ionico o elettroforesi capillare) e non metodiche “cieche”, come le immunochimiche o le enzimatiche che per principio non consentono né la rilevazione né l’identificazione delle varianti. 

Un recente lavoro pubblicato dagli americani dello NGSP (Rohlfing et al, Clin Chimica Acta 2021;522:31-35) ha valutato l’interferenza della presenza delle 4 principali varianti emoglobiniche C, D, E ed S sulla misura della emoglobina glicata effettuata con 15 metodi differenti. Le metodiche testate erano 4 HPLC a scambio ionico, 2 metodiche enzimatiche e 9 di tipo immunochimico. Il metodo in cromatografia di affinità è stato usato come metodo di confronto. I risultati ottenuti hanno evidenziato che tutte le metodiche dimostravano una interferenza statisticamente significativa, almeno per una o più delle varianti emoglobiniche prima citate. Alcuni metodi (Tosoh G11, Roche b101 e Siemens DCA Vantage) hanno mostrato anche interferenze clinicamente significative. Il metodo in elettroforesi capillare di Sebia non è stato oggetto della valutazione, ma è servito per la identificazione presuntiva delle varianti emoglobiniche.

Altri dati pubblicati (vedasi quanto disponibile sul sito della NGSP[1]) hanno da tempo confermato che il metodo Sebia per la misura della HbA1c non risente della presenza delle più comuni varianti emoglobiniche (S, C, D, E), segnalandole comunque nel referto.

Pertanto considerando la significativa potenziale presenza di varianti più comuni nella nostra popolazione è importante dotarsi di un metodo che consenta la loro rilevazione e che non mostri interferenza di tipo analitico.

Per le varianti rare, stante la difficoltà di dare indicazioni pratiche universalmente valide per i diversi metodi disponibili, il mio suggerimento è quello di riferirsi alle indicazioni del produttore sulla loro potenziale interferenza analitica.  

Per quanto riguarda l’interferenza pre-analitica in vivo questa è significativa se i globuli rossi del soggetto in esame hanno una ridotta sopravvivenza, come ad esempio nei portatori di molte emoglobine instabili che presentano una emolisi cronica, o nei portatori di altre cause emolitiche (difetti di struttura della membrana eritrocitaria, difetti enzimatici eritrocitari, Hb H) talvolta non portate a conoscenza del laboratorio. La vita media eritrocitaria può anche essere aumentata, come accade in presenza di anemia sideropenica. Sull’interferenza pre-analitica legata alla presenza di un’eventuale emoglobina instabile il laboratorio può avere un ruolo chiave scegliendo di dotarsi di un metodo analitico che consenta la sua rilevazione evitando la refertazione dell’emoglobina glicata nei casi in cui si abbia sospetto di una sopravvivenza eritrocitaria alterata legata alla presenza di una variante instabile (valori di Hb A1c particolarmente bassi, presenza di componenti anomale dell’Hb, bassi valori di Hb A2).

A parte questi aspetti tecnici, è sempre vivo il tema della refertazione, nella quale bisognerebbe decidere una volta per tutte se indicare nel referto la presenza di una variante emoglobinica, che è un dato tipico di un esame genetico, oppure limitarsi a fornire il valore di HbA1c arricchendo il referto di una cautela nella interpretazione del dato. Su questo argomento mi riprometto di tornare più avanti.

[1] www.ngsp.org