01 aprile 2021

Diabetologia

Prof. Andrea Mosca

Tutti gli anni, a inizio anno sul supplemento di gennaio di Diabetes Care escono le revisioni degli standard di cura medica per il diabete. Il numero di questo anno si concentra sugli standard per la valutazione del controllo glicemico, e mi sembra interessante farne il punto. Tre sono gli strumenti a disposizione: la misura della emoglobina A1c, il monitoraggio continuo del glucosio (continuous glucose monitoring, CGM) e l’autocontrollo glicemico (self-monitoring of blood glucose, SMBG). Solo la HbA1c è la metrica usata finora nei trials clinici che dimostrano i benefici di un migliorato controllo glicemico. Gli strumenti per l’autocontrollo possono essere usati per l’autogestione e l’aggiustamento della terapia, soprattutto nei soggetti che prendono insulina. Il monitoraggio continuo della glicemia ha un ruolo importante nel valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento in molti pazienti con diabete di tipo 1, anche per prevenire le ipoglicemie e in pazienti di tipo 2 selezionati, quali quelli ad intenso regime insulinico. 

La prima raccomandazione è che il controllo glicemico sia fatto almeno due volte all’anno nei pazienti che raggiungono i target di trattamento e che abbiano un controllo glicemico stabile. Invece, nei pazienti nei quali la terapia sia stata cambiata di recente o che non raggiungano il target la valutazione deve essere fatta almeno ogni quattro mesi. 

Il documento passa quindi in rassegna limitazioni e vantaggi dei tre tipi di parametri. Per quanto riguarda la HbA1c non si notano particolari novità, si confermano differenze etniche tra africani e caucasici e si ribadisce la validità della correlazione tra HbA1c e glicemia media stimata, ottenuta dal famoso studio ADAG, e non implementata in Europa. L’obbiettivo (target) glicemico dell’HbA1c per molti adulti non in gravidanza, senza significativi episodi di ipoglicemia, è <53 mmol/mol (< 7,0 %). Sulla base del giudizio di chi cura e della attitudine del paziente si può mirare anche a target più stringenti, se questi possono essere raggiunti in sicurezza, senza episodi di ipoglicemia od altri effetti avversi. Per pazienti con una ridotta aspettativa di vita o nei quali i pericoli dei trattamenti possono essere superiori ai benefici si possono utilizzare target meno stringenti della HbA1c (<64 mmol/mol, <8,0 %). Altri approcci per la individuazione dei target glicemici possono essere basati sulla durata della malattia (target meno stringenti per malattia di lunga durata), la presenza di comorbidità importanti, la presenza di complicanze vascolari, la preferenza o attitudine del paziente e la disponibilità di risorse. 

Per valutare la variabilità glicemica ed il rischio di ipoglicemia il documento raccomanda l’utilizzo del monitoraggio continuo del glucosio (CGM). In tale contesto la metrica utilizzata è quella del tempo nel range (time in range, TIR). Avendo cura di portare il device per il CGM almeno 14 giorni, si valuta la glicemia media, il cosiddetto “glucose management indicator”, la variabilità glicemica ed i tempi di escursione della glicemia al di sopra del range, sotto il range e nel range. In questo caso il target è di essere nel range per >70 % delle misure, e sotto il range per <4 % delle misure. La glicemia pre-prandiale deve essere tra 80 e 130 mg/dL, e quella post-prandiale <180 mg/dL. Il documento si chiude con un focus sulla ipoglicemia ed il suo trattamento, sia con la soluzione glucosata che con glucagone come misura preventiva. Particolare attenzione viene data a pazienti trattati con insulina che non si accorgono di episodi di ipoglicemia e la valutazione in questi della funzione cognitiva è anche raccomandata come misura di vigilanza attiva. Per quanto riguarda infine la prevenzione si ricorda che la ipoglicemia può causare danni sia ai pazienti stessi che ad altre persone, come può capitare se il soggetto che ne è colpito è alla guida di un autoveicolo. L’importanza di istruire i diabetici a bilanciare l’uso dell’insulina e l’apporto di carboidrati ed esercizio fisico è fondamentale, ma tali strategie non sono sempre sufficienti a prevenire le ipoglicemie.