17 giugno 2021
Il 20 maggio si celebra la giornata mondiale della metrologia. Cosa
vuol dire questo per la Medicina di Laboratorio? Quali strumenti sono
attualmente disponibili? Quali enti internazionali sono coinvolti e che ruolo
ha la Federazione Internazionale di Chimica Clinica (IFCC) nel promuovere la
metrologia in laboratorio? A queste domande trovate risposta andando a
visionare una serie di registrazioni YouTube accessibili dal sito www.worldmetrologyday.org, che il
Joint Committee for Traceability in Laboratory Medicine (JCTLM) ha allestito il
20 maggio 2021, unitamente alla IFCC, al Bureau International des Poids et
Measures (BIPM) ed altri ancora.
In buona sostanza, standardizzare un metodo di laboratorio è la chiave
per far sì che i risultati, ottenuti su campioni biologici in diversi parti del
mondo e con diverse metodiche analitiche, siano equivalenti a quelli ottenuti
in un unico laboratorio che usi un metodo di riferimento e materiali di
riferimento per la calibrazione del medesimo. Questo ha un risvolto di grande
rilevanza, perché permette di poter prendere decisioni sulla base di un
risultato di laboratorio e di valori soglia riconosciuti dalla comunità
scientifica. Ad esempio, a tutti è noto che se il colesterolo totale supera la
soglia di 240 mg/dL, il medico curante deve intervenire con una serie di azioni
(modifica dello stile di vita, dell’alimentazione, eventuale uso di statine, etc.)
per migliorare il controllo lipidico del paziente. Ovviamente si intuisce che
la misura del colesterolo deve essere standardizzata, altrimenti mettere in
atto la raccomandazione può diventare molto aleatorio.
In un laboratorio di analisi biomediche, che può servire un ospedale
medio/grande, mediamente si effettuano più di 300 diversi tipi di analisi al
giorno. Solo una piccola parte di queste è attualmente standardizzata e quindi,
in molti casi, i risultati sono metodo-dipendenti, cosa che di fatto limita
molto l’efficacia di azioni post-analitiche sulla base di livelli soglia
accreditati, come prima menzionato. Il processo di standardizzazione è tuttavia
complesso, assai articolato, e coinvolge molti parti (stakeholders), i
clinici ed i professionisti di laboratorio con le relative società
scientifiche, i produttori di diagnostici, le associazioni dei pazienti, gli
enti regolatori, i ministeri della salute, solo per descrivere una lista
minimale.
Per dare una testimonianza concreta di cosa vuole dire standardizzare
un metodo di laboratorio, desidero brevemente descrivere il processo di
standardizzazione della emoglobina A2, che è in fase avanzata di
realizzazione.
Il punto di partenza del processo di standardizzazione è la definizione
della catena di riferibilità metrologica, che generalmente è divisa in tre
parti. La parte apicale è di competenza delle società scientifiche e/o degli
enti di metrologia, la parte centrale è di competenza dei produttori di
diagnostici, e la parte in basso è di competenza dei professionisti di
laboratorio e/o delle società scientifiche che li rappresentano. Nella parte
apicale troviamo innanzitutto la definizione precisa del misurando, con le unità
di misura appropriate, seguita dalla definizione dei materiali primari di
calibrazione e dal metodo di riferimento. Questo vale per molti misurandi,
tipicamente quelli la cui struttura chimica è esattamente definita. Per altri
misurandi, quali le proteine con le loro eventuali modifiche post-traduzionali,
gli enzimi, ed altri ancora il sistema è leggermente diverso ed il tutto è
definito in uno standard ISO (ISO 17511).
Nel caso della emoglobina A2, il metodo di riferimento
sviluppato è basato sulla diluizione isotopica abbinata alla spettrometria di
massa, calibrata con emoglobine umane ricombinanti (rHbA e rHbA2). Questo
metodo, implementato in almeno tre o quattro laboratori, permetterà di
assegnare il titolo a materiali secondari di riferimento (Certified Reference
Materials, CRMs), che verranno poi utilizzati dai produttori di diagnostici per
assegnare il titolo ai loro calibratori. Tali calibratori, utilizzati dai
laboratori di routine, dovrebbero permettere di ottenere un risultato, su
campione di sangue, esattamente uguale a quello ottenibile con il metodo di
riferimento, fatta salva una maggiore incertezza.
Allo stato attuale questi materiali secondari di riferimento stanno per
essere prodotti in Belgio, in un ente della Comunità Europea specializzato in standard
e materiali di riferimento nel più ampio spettro merceologico (Joint Research
Center, JRC),e saranno verosimilmente disponibili prima dell’estate 2021. I
produttori di diagnostici testeranno tali materiali e potranno utilizzarli per
produrre kit riferibili al sistema di riferimento, verosimilmente entro la fine
del 2022. Successivamente alla immissione sul mercato di kit standardizzati,
probabilmente a inizio 2023, sono previste una serie di azioni per valutare se
la standardizzazione verrà raggiunta sul campo. Questo coinvolgerà laboratori
clinici selezionati, provider di valutazioni esterne di qualità e tutti gli
altri stakeholders prima menzionati. I dettagli di questo processo sono
stati pubblicati in un recente articolo, sotto forma di una mappa (“A roadmap
for the standardization of hemoglobin A2”, Clin Chim Acta 2021;512:185-190).
Se teniamo presente che il progetto di standardizzazione della
emoglobina A2 è partito nel 2004, possiamo concludere che certamente
non è un processo veloce perché, se tutto va bene, può richiedere almeno una
decina di anni. Ci auguriamo che chiunque voglia intraprendere questo percorso
pianifichi bene le attività e trovi sinergie concrete fin dall’inizio. Ma
certamente ne varrà la pena!
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